Diversificare: perché farlo, come farlo.

I mercati finanziari negli ultimi anni sono stati uno degli argomenti di maggior interesse degli organi di informazione, siano essi la tv, la carta stampata o il web.

Se alcune volte l’insistenza dei telegiornali a trattare argomenti tecnici sembra pilotata verso il sensazionalismo,  in generale dobbiamo rilevare come l’economia rivesta sempre maggior interesse per la collettività a causa delle conseguenze che questi fenomeni hanno nella vita di tutti i giorni.

La finanza nel suo insieme (banche, mercati, assicurazioni, imprese e operatori speculativi)  è in grado di orientare le scelte politiche e di conseguenza il destino di tutti noi.

Non è mio compito dire se ciò è giusto o meno, rilevo solamente che nelle scelte pratiche  sottovalutare gli aspetti economici e finanziari delle nostre decisioni non porterà di certo vantaggi.

Se ci dobbiamo fare i conti tanto meglio cominciare a capire come.

Uno dei principi basilari che devono guidare le scelte di ogni operatore economico è la diversificazione.

Diversifica un imprenditore quando decide di produrre 10 oggetti anziché uno, la fa ancora di più quando decide di servire clienti in più mercati nel mondo.

Mi voglio concentrare nelle scelte di diversificazione che riguardano i risparmiatori (anche questi come gli imprenditori sono operatori economici).

Tralasciamo per il momento gli investimenti immobiliari, una passione italiana, concentriamoci negli investimenti finanziari.

Si può diversificare per  tipologia di investimento: azioni, obbligazioni, liquidità; per valuta: Dollaro, Yen, Sterlina:

Ogni tipologia presenta numerose sotto diversificazioni, Azioni italia, Az Europa, Az America, Az Paesi Emergenti.

Obbligazioni governative e corporate, di breve e lungo termine, a tasso fisso o variabile, di banche o di aziende non finanziarie ecc.

Non sempre gli investimenti avvengono direttamente, quindi è possibile utilizzare fondi ed etf, gestioni patrimoniali o gestioni assicurative, a loro volta le gestioni possono essere attive o passive.

Non mi dilungo, servirebbe molto tempo ancora, importante invece è sapere che diversificare serve a ridurre i rischi, sempre presenti in ogni forma di investimento.

Ha senso dividere gli investimenti tra azioni e obbligazioni, ognuno sceglierà la quota più appropriata da destinare all’una e altra parte, non ha senso invece diversificare con titoli di stato di un solo paese, sia che sia l’Italia che la famigerata Argentina di qualche anno fa, infatti in caso di default il destino sarebbe lo stesso per le diverse tipologie di titoli emessi dall’emittente in difficoltà.

Non ha senso diversificare utilizzando obbligazioni di una sola banca, stesso discorso di cui sopra, ma ha poco senso diversificare tra obbligazioni bancarie emesse nello stesso stato, in quanto è molto probabile che eventuali situazioni di difficoltà coinvolgano gli altri istituti operanti nei medesimi confini.

Il fallimento Lehman è stato valutato erroneamente addirittura dagli organismi che avevano il potere di salvare la banca evitando la grave crisi finanziaria successiva.

Ha poco senso diversificare tra strumenti di risparmio gestito che operano nello stesso settore, quindi perché avere due azionari Italia oppure avere prodotti dello stesso gestore, gravi sono in questo caso le colpe delle banche che scelgono di collocare prodotti di una sola casa, limitando di fatto la possibilità del cliente di fare scelte oculate.

Diversificare ha senso dopo aver approfondito le caratteristiche dei singoli strumenti, le loro sovrapposizioni, le correlazioni (in genere fondi azionari di diverso settore e di differenti aree geografiche tendono ad avere trend similari),  le diverse strategie di approccio rispetto ai trend di mercato (solo nel caso di risparmio gestito).

L’insieme realizzato non avrà l’obiettivo di ottenere risultati elevati in valore assoluto ma di superare con minore stress le fasi di turbolenza dei mercati.

Direttore finanziario…chi può permetterselo?

I piccoli e medi imprenditori hanno mille impegni ogni giorno:

devono curare la produzione, controllare l’arrivo delle materie prime, motivare i rappresentanti, tenere sotto controllo le vendite e gli insoluti, monitorare le normative fiscali e sulla sicurezza, gestire i rapporti con il personale interno e con i terzisti.

Ho dimenticato mille altre incombenze, ma di proposito ho tralasciato tutto ciò che riguarda il mondo del credito.

Negli ultimi 5 anni una delle incombenze di routine di un imprenditore è diventato il “problema” che tutti si trovano ad affrontare.

Venerdì scorso ero presso uno dei miei migliori clienti, un’impresa virtuosa che necessita di risorse solamente per investimenti e riesce ad autofinanziare integralmente il capitale circolante.

Il mio compito in questo caso non è tanto valutare condizioni o modalità di finanziamento quanto quello di valutare in prospettiva futura di quante banche necessiti l’azienda e quali, tra quelle presenti nella zona, possano dare il miglior apporto nel tempo in termini di condizioni, di capacità di erogare credito e servizi.

Un direttore finanziario è oramai indispensabile per la gestione delle problematiche imprenditoriali in quanto ogni aspetto gestionale va valutato evidenziando gli impatti finanziari che produrrà:

aumentare il fatturato, privilegiare clienti nazionali o esteri, iniziative di marketing, sviluppo nuovi prodotti, aumento o diminuzione del lavoro esterno, investimenti.

In passato il successo o meno di un’azienda era legato in gran parte alla validità dei suoi prodotti o dei sui servizi, oggi la differenza è data dell’insieme delle scelte e dalla loro sostenibilità finanziaria nel tempo.

Come mettere in pratica questa affermazione per piccole e medie imprese, alcune delle quali non hanno nemmeno la contabilità in azienda?

Oggi è possibile utilizzare il Consulente finanziario indipendente come “direttore finanziario ad ore”, con costi modesti e flessibili; questa figura aiuterà l’imprenditore, da solo o con l’ausilio del responsabile amministrativo (interno o esterno), a pianificare la vita aziendale riducendo i rischi e aumentando le opportunità di crescita.

Rischi di svalutazione monetaria, quindi consulenza

Dal fallimento della Lehman la percezione della crisi in atto ha assunto giorno per giorno significati diversi e via via più vicini a noi.

All’inizio non capivamo bene come l’eccesso di credito che aveva sostenuto l’economia americana potesse avere influenze globali.

Il brusco rialzo dei tassi interbancari (prestiti tra banche) si riversò velocemente sulle rate dei mutui delle famiglie di tutto il mondo e la diffidenza tra intermediari bloccò quasi immediatamente il mercato finanziario.

Dopo qualche tempo la situazione iniziò a normalizzarsi, i tassi iniziarono la discesa che li ha portati ai minimi storici attuali ma, soprattutto in Europa, comparvero i primi segnali di nuove difficoltà.

Questa volta a fare da detonatore furono i debiti degli stati (mediterranei in primis ma anche l’Irlanda ebbe bisogno di aiuti) e le difficoltà di alcune banche a fronteggiare la crisi.

Negli ultimi 12 mesi i sintomi che avevano segnalato le difficoltà strutturali si sono trasformati in malattie (economiche) che nessuno fino ad ora ha ben compreso e quindi nemmeno iniziato a curare.

Il sud d’Europa ha enormi difficoltà a competere con il nord Europa e con gli altri attori mondiali a causa di fattori che la moneta unica ha messo prepotentemente in luce.

L’economia dei paesi mediterranei avrà bisogno di profonde ristrutturazioni che stravolgeranno nel tempo le ns. convinzioni e prospettive.

Per fare questo servirà uno sforzo comune ed ingenti risorse, che potrebbero arrivare dal Nord Europa, anche se ne dubito, o da ridistribuzione della ricchezza dei singoli stati.

Uno dei modi per ridistribuire senza necessità di complicate ed estenuanti trattative sociali è la svalutazione.

Stranamente opinioni di destra, di sinistra e populiste, considerano questa eventualità in maniera positiva, questo mi lascia pensare che l’eventualità non è assolutamente da escludere.

Tutti ritengono che la svalutazione potrà essere innescata in Europa solamente con scelte volte a cambiare la valuta in alcuni stati, all’eventualità che tutta l’attuale area Euro scelga consapevolmente questa strada non crede nessuno.

Non so se questa mia previsione si avvererà, di certo nessuno potrebbe prevedere quando.

E’ necessario prepararsi all’eventualità, tutti dovremmo conoscere quali impatti potrebbe avere sui nostri investimenti, sulle nostre pensioni, sull’economia reale (quali aziende ne trarranno giovamento, quali ne subiranno danni).

Non è consigliabile nascondere la testa nella sabbia o aspettare gli eventi, avere strategie precise per ogni evenienza è basilare per non trovarsi dopo senza alternative.

La consulenza indipendente è utile a coloro che vogliono valutare, nel loro esclusivo interesse, pro e contro di ogni possibile scelta, è fondamentale per le famiglie nella programmazione finanziaria di risparmi e finanziamenti, lo è ancora di più per le aziende che devono valutare gli effetti che certi eventi potrebbero avere per se stesse e per i mercati.

La crisi ci obbliga ad avere nuovi comportamenti, non è sufficiente protestare o denunciare le colpe di altri.

Dobbiamo essere consapevoli delle nostre scelte, aumentare il tempo da dedicare alla formazione, investire nelle competenze che non abbiamo, privilegiare le attività che produrranno vantaggi futuri anziché  conservare l’esistente.

Benvenuti!

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Il mio punto di vista è quello di un consulente finanziario indipendente o, come si dice nel mondo anglosassone: “fee only”.

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Claudio