Nuovi strumenti finanziari – Fondo Chiuso di private equity per clienti retail – pro e contro

Azimut, uno dei principali operatori italiani del risparmio gestito quotato alla borsa di Milano, ha lanciato nei giorni scorsi il fondo di investimento chiuso denominato Azimut Demos 1’ nome che vuole indicare il processo di democratizzazione di una particolare tipologia di investimenti, quella in aziende non quotate di piccole dimensioni ( private equity) fino ad oggi appannaggio di investitori professionali o istituzionali.

Al di là delle roboanti parole utilizzate per pubblicizzarlo, vediamo le sue caratteristiche salienti.

Si tratta di un fondo chiuso e l’acquisto delle quote, a partire da 5.000 €, avverrà al collocamento che è iniziato in questi giorni e terminerà a fine luglio 2020, salvo il caso di chiusura anticipata.

Il Fondo ha come obiettivo il perseguimento di un ritorno assoluto attraverso operazioni di investimento e disinvestimento aventi principalmente ad oggetto: azioni, quote, obbligazioni di piccole medie imprese principalmente italiane, non quotate.  Il 100% potrà essere investito in strumenti di rischio.

Il fondo chiuso si differenzia dal fondo aperto in quanto non sarà possibile uscire dall’investimento prima della scadenza, prevista dopo 8 anni dal termine del collocamento, è inoltre presente la possibilità per la sgr di chiedere proroghe per complessivi altri 5 anni, per terminare le operazioni di vendita degli asset detenuti.

Nel collocamento sarà chiesta una commissione iniziale pari all’1% mentre la commissione di gestione sarà del 2,75%  annuo con sconti a partire dai 250.000 €.

E’ prevista una particolare tipologia di “commissione di incentivo” per i detentori di quote di classe B, riservate ad amministratori e manager della sgr, che una volta raggiunto il 35% di performance destina una quota fissa del 20% dell’extra rendimento ai soli titolari di queste quote, resta immutato la ripartizione pro quota dell’ulteriore 80%.

Nel corso della vita del fondo, le eventuali distribuzioni di valore avverranno con la modalità rimborso del capitale, questo per evitare di subire tassazioni di somme prima di aver ricevuto l’importo totale inizialmente investito.

Si tratta, inutile dirlo, di un investimento molto rischioso, come correttamente indicato nel prospetto informativo che si può scaricare nel sito, molto costoso e particolarmente illiquido.

Non e’ vero che si tratta del primo caso di fondo chiuso riservato al retail, in passato questa tipologia di strumenti fu presente nella versione fondo chiuso quotato su Borsa Italiana. Oggi tutti i prodotti lanciati agli inizi degli anni 2000 sono stati rimborsati, non tutti con soddisfazione degli investitori.

Infine credo siano palesemente censurabili le ottimistiche previsioni di rendimento lasciate intendere da Azimut nella campagna promozionale, dove ipotizza che l’utilizzo di questi strumenti possa apportare maggiori rendimenti nella misura dell’1,5-2% nel computo finale di un portafoglio. Uno strumento di questo tipo potrà essere utilizzato da investitori comunque consapevoli del rischio ed utilizzato per sostituire parte della quota oggi destinata ad azioni Italiane ed al limite europee; ipotizzando di dare un peso del 5% per ottenere un vantaggio dell’1,5% questo strumento dovrebbe rendere, ogni anno il 30% in più del mercato azionario, ipotizzando una quota del 10%, a mio avviso, esagerata, il vantaggio in termini di rendimento dovrebbe essere del 15% medio annuo…..

Nel complesso, lo trovo uno strumento ottimo per Azimut e per i suoi incaricati alla vendita, pessimo per un cliente.

CDP Tasso misto 2019/2026 IT0005374043

Mi scuso per il lungo periodo di inattività del sito.

Dietro questo periodo di assenza ci sono molteplici motivazioni, ma nessuna di valore tale da giustificarmi.

Visto che non potrò recuperare il tempo perduto, provo a concentrarmi sul presente…

Nei giorni scorsi è stata collocata da numerosi istituti bancari una emissione obbligazionaria di Cassa Depositi e Prestiti denominata: “Cdp Tasso misto 2019/2026”.

Il collocamento ha approfittato di alcune particolari contingenze e ha raccolto adesioni di gran lunga superiori alle quantità che l’emittente ha accettato di ritirare.

I richiedenti avranno indicativamente assegnate il 40% delle quantità richieste.

Prima del collocamento, un collega ne aveva parlato in questo articolo.

Nei prossimi giorni, presumibilmente il 28.06 o nella settimana successiva, il bond sarà quotato sul Mot di Borsa Italiana.

Se le condizioni dei mercati resteranno quelle attuali, credo che le quotazioni saranno subito più alte di 100, prezzo di collocamento.

Ciò è probabile perché dopo l’avvio del collocamento sono aumentate le aspettative di un nuovo calo dei tassi o di una ripresa del quantitative easing.  Inoltre il bond in questione, abbinando un primo periodo di 2 anni a tasso fisso, con rendimento pari al 2,70% ed un successivo periodo di 5 anni al tasso variabile pari all’euribor 3m + 194 bb, intercetta la domanda di investimento di molta liquidità presente nei conti correnti.

Ma ci sono altri fattori che ne hanno determinato il successo:

– a maggio il Mef non ha emesso la consueta tranche di Btp Italia;

– l’offerta di bond per i clienti retail è molto modesta, i migliori debitori riescono a finanziarsi a tassi vicini allo zero, non appetibili per i risparmiatori, mentre i debitori meno sicuri, preferiscono rivolgersi al mercato dei clienti professionali.

Anche paragonando questa emissione ai Buoni Fruttiferi Postali collocati dalle Poste Italiane, ma emessi dalla stessa CDP, il risultato è a favore di questa emissione, infatti per avere rendimenti similari con i BF Indicizzati all’inflazione, bisognerebbe avere un’inflazione media annua intorno all’1,8% al settimo anno. Ancora più importante sarebbe il confronto con i Buoni Fruttiferi Ordinari, dove il rendimento corrispondente si avrebbe mantenendo i Buoni per ben 18 anni.

E’ vero che BF e Obbligazioni hanno caratteristiche molto diverse, i primi garantiscono il capitale investito e nel caso dei BF indicizzati all’inflazione, garantiscono anche il recupero dell’imposta di bollo; a vantaggio dell’obbligazione vi è però la possibilità di monetizzare questa fase favorevole dei tassi di interesse e dello spread, vendendo il titolo.

Non esistono investimenti sicuri, quindi è necessario ricordare:

-mai esagerare con la durata residua dei bond, è causa di forte volatilità (un bond simile con stesso emittente quotato nel 2015, ha avuto prezzi oscillanti tra 100 e 91);

-mai concentrare eccessivamente il rischio con bond sull’Italia, molte variabili economiche e politiche ne condizionano fortemente la volatilità, caratteristica poco apprezzata da risparmiatori tranquilli alla ricerca di rendimenti di poco superiori a quelli garantiti dai certificati di deposito a breve termine.