“Fee only” consulenza su base indipendente o gioco delle tre carte?

Nel precedente post riguardante i costi, avevo preannunciato una veloce spiegazione sulla modalità di consulenza utilizzata da molte banche e definita sommariamente “fee only”.

Con fee only, si dovrebbe intendere una consulenza che prevede solamente un corrispettivo con parcella.
Nella modalità di utilizzo più consueta invece, avviene questo:
la banca distribuisce prodotti finanziari propri e di terzi e viene remunerata tramite una % di commissioni retrocesse; nella modalità “fee only” questa % non sarebbe più di competenza della banca ma verrebbe stornata al cliente, in cambio di una commissione “consulenza”.

La banca evidenzia un addebito a fronte di un’ attività di consulenza su propri prodotti, ma consulenza “fee only” non significa “consulenza su base indipendente”?

  • Il regolamento Consob 20307 del 2018 stabilisce quando una consulenza può fregiarsi della denominazione “su base indipendente”, in tutti gli altri casi, non lo è.
  • I consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria valutano una congrua gamma di strumenti finanziari disponibili sul mercato, che devono essere sufficientemente diversificati in termini di tipologia ed emittenti o fornitori di prodotti.

 Quindi consigliare principalmente strumenti di un solo emittente non è possibile!

  • I consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria definiscono e attuano un processo di selezione allo scopo di valutare e confrontare una congrua gamma di strumenti finanziari disponibili sul mercato.

Il processo di selezione comprende i seguenti elementi:

1 – il numero e la varietà degli strumenti finanziari considerati sono proporzionati all’ambito del servizio di consulenza prestato;

2- il numero e la varietà degli strumenti finanziari considerati sono adeguatamente rappresentativi degli strumenti finanziari disponibili sul mercato;

3 – i criteri per la selezione dei vari strumenti finanziari comprendono tutti gli aspetti d’interesse, quali rischi, costi e complessità, nonché le caratteristiche dei clienti dei consulenti finanziari autonomi e delle società di consulenza finanziaria, e assicurano che la selezione degli strumenti che potrebbero essere raccomandati sia obiettiva.

Capisco che entrare in questi meccanismi sia complicato per chi non è un esperto della materia, il vostro interlocutore vi “giurerà” su ciò che ha di più caro che non vi è differenza tra un consulente finanziario autonomo (Cfa), che emette parcella e un Consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede (Cfaofs), che vi dirà che è la banca ad emettere parcella se desiderate pagare “solamente” la consulenza.

 Per togliervi ogni dubbio potete fare due semplici controlli:

 

 

Il costo della consulenza indipendente – confronti con i costi sostenuti per la consulenza strumentale alla vendita

Capita spesso di leggere articoli riguardanti i costi della consulenza finanziaria.

Prima di entrare nel dettaglio chiariamo che i costi possono essere espliciti, come la  parcella emessa da un Consulente finanziario autonomo, Cfa, libero professionista iscritto alla sezione consulenti autonomi dell’ocf, oppure da una Scf (società di consulenza finanziaria, anche una società per svolgere l’attività deve avvalersi di persone fisiche iscritte alla sezione sopra citata).

Oppure una parcella per consulenza non indipendente, ed in questo caso ad emetterla possono essere sia banche tradizionali, sia banche specializzate nella vendita di prodotti finanziari, sia Sim.

Nel caso l’attività venga svolta da una banca tradizionale presso le proprie filiali, non è indispensabile avvalersi di Consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (Cfaofs), nel caso invece in cui queste attività vengano svolte fuori dalle filiali, è necessario avvalersi di un cfaofs.

Mai un cfaofs, a differenza di quanto sopra riportato per un Cfa, può emettere autonomamente fattura, ma sarà sempre un dipendente o un agente di commercio al servizio di una azienda mandante.

Questa distinzione è fondamentale perché troppo spesso si sente dire “ho il mio consulente!”; la denominazione utilizzata è corretta, sia pur estremamente abbreviata, ma basilare è capire chi paga quel consulente, e se non è il cliente, non può essere un Cfa.

Agli inizi della mia attività, oltre 20 anni fa, le banche cercavano di dissuadere i miei clienti dicendo: perché pagare per un servizio che la banca presta gratuitamente?

Chiaramente nulla viene offerto gratuitamente, ma è vero che in quegli anni era più difficile per un cliente conoscere quale costo implicito, cioè compreso tra tutti i costi addebitati, era proprio dell’attività di vendita dei prodotti e quale costo invece era quello necessario per l’attività di gestione vera e propria.

Dal 2018, per fortuna, con la direttiva Mifid 2, le cose sono notevolmente cambiate, ora le banche devono inviare, per posta cartacea o con comunicazioni online, il dettaglio dei costi pagati e la suddivisione tra componente relativa alla vendita e quella invece relativa alla gestione.

L’obbligo di inviare questa comunicazione esiste anche per i Cfa che ogni anno devono inviarla entro i due mesi successivi alla fine dell’anno solare; per le banche, meno strutturate e organizzate di un libero professionista, deve essere inviata entro 4 mesi.

Ironia a parte, l’obbligo di inviare la documentazione, ha tolto di mezzo il dubbio sul costo dell’attività prestata da filiali bancarie e Cfaofs.

Ora la difesa utilizzata da chi offre attività strumentale alla vendita dei prodotti è:

“I costi sono più o meno similari tra i clienti che scelgono le due diverse modalità di consulenza, ed anzi, se si unissero i costi veri e propri della consulenza su base indipendente ai costi che obbligatoriamente deve sostenere un cliente per mettere in pratica i consigli ricevuti, i due costi sarebbero equiparabili”.

Per smontare anche questa tesi, iniziamo a parlare di numeri e di %.

Il costo di un portafoglio “consigliato” da una banca o da una rete di Cfaofs può essere chiaramente molto diverso l’uno dall’altro, ma per esperienza possiamo considerare un costo dell’1,50% l’anno come un valore estremamente basso, un costo del 2% come un costo medio e costi superiori a questi valori, si arriva a volte a superare il 3-4%, come dei valori esorbitanti, giustificabili solamente con la necessità  di remunerare le reti di vendita.

Nella gestione del risparmio avviene infatti un fenomeno impensabile in altri settori, prodotti con qualità inferiore possono avere costi molto superiori a quelli da preferire.

Il costo della consulenza su base indipendente è lasciata alla libera trattazione tra il cliente e il libero professionista o la scf, possiamo comunque dire che un valore medio dell’1% l’anno sia quello più utilizzato per portafogli di entità media, tra i 200.000€ e i 500.000 €.

Se volessimo sommare a questo 1% anche i costi sostenuti per comprare gli strumenti finanziari e per la loro gestione, potremmo raggiungere valori medi omnicomprensivi intorno all’1,50%, valore sopra indicato come mediamente basso per un’attività di consulenza di tipo tradizionale.

Quindi, mal che vada, un cliente pagherebbe costi nella fascia bassa di prezzo.

Ma i vantaggi non finiscono qui anzi, aumentano anno dopo anno, vediamo il perché.

Un Cfa, svolge un importante lavoro nella fase iniziale di acquisizione del cliente, sia per attività burocratiche sia per conoscere e personalizzare l’attività di consulenza sulla base di quanto effettivamente utile alle esigenze del cliente, per questo motivo, capita molto spesso che il valore iniziale della parcella venga successivamente ridotto per tener conto del minor lavoro negli anni successivi.

Inoltre il Cfa, oltre a studiare singolarmente ogni posizione personale e familiare del cliente, aiuta lo stesso a scegliere l’intermediario con il rapporto qualità/prezzo migliore, attività che non sarebbe mai possibile chiedere ad una banca che, chiaramente, come primo requisito consiglierà di utilizzare propri prodotti e alle condizioni praticate.

L’attività svolta dal Cfa, attraversa fasi molto diverse dei mercati finanziari, delle politiche monetarie e delle politiche fiscali, avvalersi di un professionista senza vincoli di mandato può consentire di sfruttare remunerazioni su c/c e depositi più alti, rispetto alla banca tradizionalmente utilizzata, può consentire di scegliere strumenti finanziari con un più efficace trattamento fiscale, può consentire di rimanere liquidi quando le condizioni dei mercati lo consigliano, ecc.

Nel 2022, gran parte delle perdite dei portafogli si sono verificati perché banche e Cfaofs non “potevano” confessare una verità semplice ma sconveniente per il sistema bancario, non aveva alcun senso investire in obbligazioni, ne direttamente ne indirettamente, quando i tassi erano a zero o sotto zero, perché, come poi si è verificato, un rialzo dei rendimenti avrebbe procurato perdite estremamente elevate in relazione ai possibili rendimenti realizzabili in quel periodo storico.

Ma non è ancora tutto, vi è una motivazione più importante di tutti i confronti che si possono realizzare.

Utilizzare un Cfa fornisce al cliente una esperienza completamente nuova, apprenderà nozioni che gli saranno utili per tutta la vita e sarà affiancato e supportato io ogni sua scelta fin quando vorrà, ma nel momento che deciderà di proseguire da solo avrà un portafoglio con un costo irrisorio che sarà in grado di gestire in completa autonomia.

Continuare ad utilizzare la consulenza strumentale alla vendita significa invece avere sempre portafogli inefficienti, difficili da spostare tra intermediari e con costi che saranno sempre mediamente elevati.